Il paziente chirurgico (prima parte)

La risposta dell’organismo allo stress chirurgico è un evento fisiologico che si può riscontrare anche in altre situazioni patologiche gravi, come ad esempio trauma ed ustioni: scopo di questa risposta è rendere disponibili i substrati necessari per favorire la riparazione tissutale e l’adattamento all’insulto traumatico, sia esso chirurgico o accidentale.

L’inizio della chirurgia provoca un innalzamento marcato delle catecolamine circolanti. L’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisario si traduce in un innalzamento di ADH (ormone antidiuretico), GH (ormone della crescita) e ACTH. ACTH e successiva attivazione del sistema renina-angiotensina portano alla liberazione di aldosterone e infine all’innalzamento dei glucocorticoidi circolanti. La risposta metabolica che ne risulta è variabile sia in intensità che in durata, dipendendo in gran parte dall’entità dell’insulto chirurgico e dall’eventuale verificarsi di complicazioni. Inizialmente a causa del rilascio di catecolamine si possono avere tachicardia, ipertensione, vasocostrizione e riduzione del volume circolante. La ritenzione di liquidi (ADH) e sodio (aldosterone) porta ad aumento del volume interstiziale, riduzione della diuresi ed aumento delle perdite di potassio. Il successivo accumulo di fluidi nei tessuti danneggiati costituisce le cosiddette “perdite nel terzo spazio”. A breve distanza segue la fase catabolica che è mediata da glucagone, GH e corticosteroidi, e che perdura ben oltre la prima fase di squilibrio idroelettrolitico. La perdita dei liquidi ritenuti e il catabolismo di grassi e proteine portano ad una riduzione della massa corporea. La glicemia spesso si innalza, talvolta anche così marcatamente da richiedere la terapia con insulina. Tuttavia le riserve corporee di carboidrati, in forma di glicogeno, sono sufficienti solo per le prime 24 ore, poi l’organismo attinge energia dal catabolismo di grasso e massa magra. L’utilizzo di tali riserve “estreme” dipende dalla gravità dell’insulto e dalla somministrazione di carboidrati esogeni.

Attività clinica in chirurgiaGli alti tassi plasmatici di insulina che caratterizzano la risposta allo stress chirurgico inibiscono la lipolisi, malgrado la presenza di insulino-resistenza, e inducono di conseguenza un aumento del catabolismo proteico: ciò avviene nel tentativo di garantire il fabbisogno energetico necessario al metabolismo cellulare ed ha come conseguenza la perdita di massa corporea. La perdita di massa corporea (diminuzione del numero di cellule) è accompagnata da un aumento del volume extracellulare (ritenzione di liquidi) con la conseguenza che la perdita di peso non riflette la gravità del processo in corso. Il supporto nutrizionale precoce di pazienti sottoposti a chirurgie invasive o affetti da traumi gravi rappresenta un presidio terapeutico efficace nel limitare i processi sopra descritti, mentre la fluido terapia deve essere attentamente calcolata (tipo di fluido e volume totale somministrati) per non aggravare gli squilibri idroelettrolitici già presenti.

I processi coinvolti nella risposta allo stress chirurgico riconoscono una prima attivazione umorale e nervosa (fibre dolorifiche e fibre simpatiche) a cui segue una amplificazione mediata dal danno tissutale (citochine). Essi non vengono influenzati dalla profondità del piano d’anestesia, dal momento che quasi tutti gli anestetici iniettabili e gli anestetici inalatori somministrati in “dosi cliniche” hanno effetti scarsi o nulli, mentre sembra che vengano in parte attenuati dall’uso di alti dosaggi di oppiacei. Il blocco della risposta nervosa attraverso l’uso di anestetici locali a livello perineurale si è dimostrato efficace nel diminuire l’intensità e la durata della risposta allo stress, tuttavia non avendo nessun effetto sulla risposta infiammatoria locale non ne permette la completa abolizione. Per tale ragione la somministrazione, in associazione, di farmaci che inibiscano o riducano tale riposta locale rappresenta una strategia da attuare ogniqualvolta sia possibile.

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