In corso di interventi di ortopedia l'anestesia dovrebbe limitare il più possibile la risposta dell'organismo allo stress chirurgico, oltre a garantire rilassamento muscolare ed analgesia. La chirurgia rappresenta un trauma per l'organismo e quindi causa una risposta locale di tipo infiammatorio e una risposta sistemica che provoca alterazioni del sistema endocrino e del metabolismo. L'anestesia regionale centrale (anestesia epidurale e anestesia spinale) è in grado di ridurre le alterazioni a carico di sistema endocrino e metabolismo: un somministrazione singola le inibisce per poche ore, mentre una somministrazione epidurale protratta per 24 ore è in grado di inibire tali alterazioni per alcuni giorni. Al contrario l'anestesia regionale periferica (blocchi), pur garantendo un'analgesia efficace e di lunga durata, non sembra attenuare la risposta sistemica al trauma chirurgico.
Una buona conoscenza delle tecniche e dei materiali da utilizzare permette di ridurre rischi e complicanze dell'anestesia loco-regionale. E' necessario utilizzare sempre aghi di Tuohy e la tecnica della perdita di resistenza (LOR) per l'anestesia epidurale, stimolatore nervoso e aghi isolati per i blocchi periferici. Inoltre bisogna sempre scegliere accuratamente i farmaci e le dosi da utilizzare in base la paziente, alla tecnica utilizzata e all’effetto che si vuole ottenere. L'utilizzo dell'anestesia regionale permette anche la mobilizzazione precoce del paziente, un rapido ritorno all'alimentazione enterale e un più rapido ritorno del paziente nell'ambiente domestico. Inoltre in alcuni pazienti la somministrazione continuata di analgesici attraverso un catetere epidurale permette di iniziare precocemente la fisioterapia in assenza di dolore, migliorando così il recupero funzionale.
Bupivacaina, ropivacaina e levobupivacaina sono anestetici locali utilizzabili per l'anestesia epidurale e l'anestesia spinale. La lidocaina invece dovrebbe essere evitata a causa della sua presunta neurotossicità. La durata del blocco dipende dal farmaco e dalla dose utilizzati. La morfina neuroassiale, poiché è in grado di migrare cranialmente, è efficace nel caso si voglia ottenere analgesia anche in sedi lontane dal punto di somministrazione. Tuttavia ciò può anche causare depressione respiratoria e pertanto è necessario scegliere accuratamente la dose in base alle necessità del paziente. Il fentanil al contrario non migra cranialmente e quindi non causa depressione respiratoria, ma allo stesso tempo non garantisce analgesia in sedi distanti dal punto di iniezione. La somministrazione neuroassiale di alfa-2 agonisti non causa depressione respiratoria, ma può causare bradicardia e variazioni pressorie (ipertensione, ipotensione). Al momento solamente anestetici locali e alfa-2 agonisti hanno dimostrato la loro efficacia per i blocchi periferici.
L'anestesia generale è in grado di ridurre la percezione dell'insulto chirurgico, ma ciò non è associato con una riduzione della risposta sistemica dell'organismo. Elevate dosi di oppioidi possono diminuire tale risposta, ma solo per poco tempo, e sono di solito associate a bradicardia, depressione respiratoria, eccessiva sedazione, ecc. L'anestesia generale bilanciata prevede l'utilizzo di un anestetico alogenato per garantire l'incoscienza e di farmaci iniettabili (oppioidi, alfa-2 agonisti, chetamina, antinfiammatori non steroidei) per garantire l'analgesia. Durante un'anestesia generale il rilassamento della muscolatura può essere ottenuto utilizzando gli agenti di blocco neuromuscolare. In questo caso però è necessario ventilare il paziente e disporre del monitoraggio adatto a controllare, al termine dell'anestesia, il recupero completo della funzionalità muscolare per prevenire episodi di depressione respiratoria al risveglio. Va ricordato comunque che con tali farmaci si ottiene un rilassamento muscolare di qualità inferiore rispetto a quello ottenuto con gli anestetici locali.
Tra i vantaggi dell’anestesia spinale la rapida insorgenza e l’elevata ripetibilità. Essa garantisce inoltre livelli plasmatici di farmaco minimi rispetto all’anestesia epidurale, nella quale l’assorbimento sistemico è considerevole, e permette blocchi efficaci con dosi di farmaco molto ridotte. Tra gli svantaggi una breve durata d’azione, un blocco di estensioni ridotte (se si vogliono evitare gli effetti secondari) e l’impossibilità di modificare il blocco una volta eseguito. L’anestesia spinale è indicata per la chirurgia di retto, prostata, sacro, arti posteriori e addome caudale. Sebbene possa essere un efficace aiuto in corso di chirurgia dell’addome craniale (anestesia integrata), in generale essa non è indicata per chirurgie non ben definite (ad es. laparotomia esplorativa) o che coinvolgano vaste aree del corpo.
Ipotensione e bradicardia sono effetti collaterali ampiamente riportati: si possono prevenire con un dosaggio accurato del farmaco e si possono trattare somministrando fluidi e farmaci agonisti alfa (fenilefrina, metaraminolo) o alfa-beta (efedrina, adrenalina). Le complicazioni gravi sono rare, anche se l’arresto cardiaco è sporadicamente riportato, ma sempre come conseguenza di ipotensione grave non trattata, e risponde con successo alla rianimazione cardiopolmonare (Casati A and Vinciguerra F, Curr Opin Anaesthesiol 2002). La scelta dell’anestetico locale si basa di solito sulla durata prevista dell’intervento, al fine di garantire un recupero funzionale più rapido possibile (Casati A and Vinciguerra F, Curr Opin Anaesthesiol 2002). Tuttavia negli ultimi anni la comprovata neurotossicità della lidocaina ha indirizzato la ricerca clinica verso l'utilizzo di basse dosi di altri anestetici locali (Kuusniemi KS et al, Reg Anesth Pain Med 2001), e l’associazione con adiuvanti come ad esempio oppioidi lipofilici (Ben-David B et al, Anesth Analg 1997; Vaghadia et al, Can J Anesth 2001) ed alfa-2 agonisti.
In anestesia spinale veterinaria non esistono facili ricette per ottenere la dose di farmaco da utilizzare, e la riduzione percentuale della dose epidurale prevista rappresenta un approccio completamente sbagliato. La dose va calcolata individualmente in base alle dimensioni del paziente, l’estensione dell’area chirurgica, la durata prevedibile dell’intervento e il tipo di stimolazione chirurgica. Appare quindi evidente come, anche in medicina veterinaria, un chirurgo in grado di limitare al massimo l’estensione del campo e la stimolazione chirurgica, oltre che accorto nel posizionamento del paziente, permetterà di ridurre considerevolmente la dose di anestetico locale utilizzata con notevole riduzione di effetti collaterali e dei tempi di recupero (deambulazione, minzione, ecc.). Questo aspetto risulta ancora più importante se consideriamo il fatto che in anestesia veterinaria, come in pediatria, è sempre necessario associare una sedazione profonda o un’anestesia generale.
Interessanti, anche se poco diffuse nel mondo veterinario, alcune considerazioni riguardo il controllo dello stress chirurgico e del dolore perioperatorio (cioè il dolore durante e dopo l'intervento chirurgico). Il trauma chirurgico costituisce un insulto per l'organismo, la cui gravità dipende dal grado di invasività della procedura stessa: procedure chirurgiche complicate e particolarmente distruttive provocano all'organismo uno stress maggiore rispetto a procedure chirurgiche elettive semplici e non distruttive. La risposta infiammatoria rappresenta la risposta locale, mentre l'attivazione endocrino-metabolica che porta ad una condizione di ipermetabolismo, caratterizzata da accelerazione dei processi biochimici e mobilizzazione dei substrati, rappresenta la risposta generale o sistemica. Quest'ultima è fortemente influenzata dall'entità dell'insulto e viene considerata una risposta riflessa neuroendocrina fisiologica, rappresentando un meccanismo omeostatico di difesa sviluppato per favorire la riparazione tissutale e l'adattamento all'insulto traumatico. Tuttavia, se prolungata nel tempo, tale risposta allo stress può avere effetti disastrosi sull'equilibrio metabolico dell'organismo. Il notevole progresso scientifico realizzatosi negli ultimi decenni sia in campo chirurgico che anestesiologico ha incrementato il numero e il tipo di chirurgie possibili e le ha estese anche a pazienti in gravi condizioni che in passato erano considerati non operabili: ecco il perchè del notevole interesse per i meccanismi coinvolti nella risposta allo stress chirurgico e la ricerca di tecniche che possano modulare tale risposta.
Numerosi studi, anche recenti, ci permettono oggi di valutare l'efficacia delle diverse tecniche in rapporto alla risposta allo stress chirurgico. Sebbene l'anestesia generale possa limitare la percezione dell'insulto chirurgico è stato dimostrato che ciò non si accompagna necessariamente ad una modulazione degli stimoli diretti all'ipotalamo e quindi ad una modificazione della risposta allo stress. Quasi tutti gli anestetici iniettabili e gli anestetici inalatori somministrati in "dosi cliniche" hanno effetti scarsi o nulli sulla risposta neuroendocrina allo stress indotto dalla procedura chirurgica, sia nel periodo intraoperatorio sia soprattutto nel periodo postoperatorio. Anche l’anestesia con alte dosi di oppiacei, utilizzata soprattutto per la chirurgia cardiovascolare, ha dimostrato solamente un effetto transitorio sulla risposta allo stress, effetto correlato al mantenimento di elevate concentrazioni plasmatiche, mentre non ha garantito effetti duraturi nel periodo postoperatorio. I dati disponibili suggeriscono anche che gli oppiacei, ampiamente utilizzati per il controllo del dolore nei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico, garantiscono una riduzione scarsa o addirittura nulla della risposta allo stress, a meno che non vengano utilizzati a dosaggi molto elevati. Sebbene la cascata dei metaboliti dell'acido arachidonico sia coinvolta in numerosi passaggi della risposta infiammatoria, l’uso perioperatorio di FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) può indurre solamente lievi modificazioni delle risposte neuroendocrina e immunitaria allo stress chirurgico, e il significato clinico di tali modificazioni è a tutt’oggi sconosciuto. L’applicazione periferica di anestetici locali nella ferita chirurgica può ridurre sia il dolore che la risposta endocrina, ma non le altre risposte sistemiche (risposta leucocitaria, temperatura, ecc.). Per quanto riguarda invece la somministrazione peridurale di anestetici locali molti sono i lavori nell’uomo che ne provano l’efficacia a livello di T4 per attenuare sensibilmente la risposta neuroendocrina ad interventi chirurgici sulla pelvi e sugli arti inferiori. Tale attenuazione è tanto più completa quanto più i dermatomeri superiori sono bloccati e la durata del blocco sensitivo è prolungata. Un blocco anestetico peridurale di durata inferiore alle quattro ore ha solamente un effetto inibitorio transitorio, mentre al contrario nel caso di un blocco di almeno ventiquattro ore l’effetto inibitorio sarà manifesto per almeno quattro giorni. Quando l’intervento chirurgico è sopraombelicale o toracico la somministrazione peridurale di anestetici locali può solo parzialmente attenuare la risposta allo stress. Si è ipotizzato che in questo caso la risposta allo stress venga attivata dalle afferenze vagali, simpatiche e del frenico, afferenze che non vengono bloccate dall’anestesia peridurale. La somministrazione peridurale di oppiacei produce un’analgesia di buona qualità ma l’attenuazione della risposta allo stress è meno intensa e meno duratura. A dosi equianalgesiche risulta tuttavia più efficace rispetto alla loro somministrazione endovenosa, con dosi complessive nettamente inferiori. La durata dell’effetto nel postoperatorio non supera di molto le otto ore, ed analgesia e attenuazione della risposta allo stress non sono necessariamente correlate. I blocchi nervosi periferici hanno dimostrato assenza di effetto sulla risposta allo stress, malgrado una buona analgesia, in corso di chirurgia addominale o toracica. E’ possibile che i blocchi periferici siano più adatti ad inibire tale risposta per la chirurgia delle parti inferiori o caudali del corpo, ma questo aspetto è stato poco studiato. L’associazione di anestesia generale e blocco nervoso non ha alcun effetto sommatorio di inibizione o stimolazione sulla risposta neuroendocrina e i riscontri sono perfettamente sovrapponibili a quelli ottenuti con la sola anestesia peridurale.
Alla luce di queste considerazioni risulta evidente come le tecniche locoregionali siano particolarmente indicate anche nel paziente traumatizzato, benché la presenza di lesioni multiple e di instabilità respiratoria o cardiocircolatoria richiedano il contemporaneo ricorso all’anestesia generale per poter garantire il controllo delle vie aeree, la ventilazione assistita e il controllo ottimale della funzione cardiocircolatoria.